Nella notte fra mercoledì e giovedì è arrivata la notizia che sembrava impossibile fino a poche settimane fa: Israele e Hamas hanno firmato la prima fase di un’intesa che combina cessate il fuoco, scambio ostaggi–prigionieri e un ritiro parziale dell’IDF dentro la Striscia. Non è ancora “pace”, ma è il primo passo concreto dopo due anni di guerra. Il via reale scatterà dopo la ratifica del governo israeliano, attesa in giornata. Fino a quel voto, purtroppo, i combattimenti non si fermano.
Cosa prevede l’intesa, in breve
Il pacchetto è scandito in più tappe: stop alle ostilità, rilascio dei primi ostaggi israeliani (entro circa 72 ore dall’avvio), liberazione di centinaia di detenuti palestinesi, e ridispiegamento delle truppe israeliane su linee concordate. Nei primi giorni è previsto un forte incremento degli aiuti umanitari e il riavvio dei valichi, con particolare attenzione a Rafah. La riapertura verrebbe modulata nelle 48–72 ore successive all’entrata in vigore.
Tempistiche e “semaforo verde”
Il semaforo verde dipende da Gerusalemme: il gabinetto di sicurezza e poi l’intero governo Netanyahu devono ratificare l’accordo. Fonti israeliane danno la maggioranza come probabile, nonostante l’opposizione dei partiti più a destra. Solo dopo il voto partirà il conto alla rovescia per i primi rilasci e per il ritiro parziale.
Sul terreno: speranza e prudenza
Nelle ultime ore si sono viste scene di gioia fra le famiglie degli ostaggi e in diverse città della Striscia, ma anche inviti alla cautela: fino alla ratifica, raid e scontri proseguono, con segnalazioni di feriti a Khan Yunis. L’IDF, intanto, ha fatto sapere di prepararsi a nuove linee di schieramento in vista della tregua.
Il fronte diplomatico
Dopo l’annuncio, sono arrivati messaggi di sostegno da UE, ONU e capitali regionali: tutti sottolineano che la sfida è l’attuazione (liste dei detenuti, mappe di ritiro, flussi di aiuti). Sul piano politico interno israeliano, restano frizioni che potrebbero complicare la gestione delle prossime ore.
I nodi che restano
Anche se questa è la pagina più promettente da mesi, restano aperti dossier pesanti: governance di Gaza nel “day after”, disarmo e sicurezza, meccanismi di verifica della tregua e calendario dei passi successivi. La riapertura stabile di Rafah e degli altri varchi sarà un test concreto della tenuta dell’intesa.
Perché è un punto di svolta (potenziale)
Se le clausole verranno rispettate, potremmo assistere alle prime liberazioni su larga scala dall’inizio del conflitto e a un raffreddamento progressivo della linea del fronte. È, insieme, una prova umanitaria e politica: dalle prossime 24–72 ore capiremo se l’accordo è l’ennesima pausa fragile o l’inizio di una nuova fase.







