La comunicazione al tempo del Covid-19, e non solo

In un mondo perfetto ogni Comune, ogni Regione, ogni ente pubblico come ogni scuola dovrebbe avere un social media manager in grado di creare un ponte che faciliti contatto e comunicazione tra utenti e istituzioni.

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Quella nella immagine riportata più in basso in questo articolo, non è solo la comunicazione di un avviso affisso un paio di settimane fa al banco del check-in della compagnia aerea di bandiera italiana presso il principale aeroporto del Belgio; è anche l’ennesima dimostrazione di come – dopo due anni di pandemia – si continui ancora ad adottare una comunicazione stantia, farraginosa, burocratica e sostanzialmente incomprensibile.

Due linguaggi agli antipodi. La Comunicazione negli avvisi

In alto sulla locandina una comunicazione breve, efficace ed esaustiva, che sostanzialmente si ispira alla regola delle cinque W del giornalismo anglosassone; in una riga è mezza si comunica l’essenziale e senza giri di parole, ovvero che “dal 24 dicembre al 31 marzo 2022 le mascherine FFP2 sono obbligatorie”. Difficile dire di meno, inutile dire di più.

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Leggere invece l’avviso in italiano mette a dura prova la pazienza e la capacità di comprensione dell’utente medio; il testo sembra più la nota di accompagnamento di una circolare rivolta al personale interno di ITA che un avviso destinato agli utenti; diciamo la verità, leggi l’avviso in inglese e controlli se la tua mascherina è correttamente indossata e se ne hai una di ricambio, leggi l’avviso in inglese e pensi: “e quindi?”.

Al pari della punta di un iceberg, questa locandina è la parte evidente di un sommerso che gestisce una situazione che cambia giorno per giorno con la lungimiranza di una talpa e la agilità di un elefante. Ve le ricordate le conferenze stampa che slittavano di ora in ora ed infarcite di pallosissime letture di articoli, commi e acronimi?

Ve le ricordate le anticipazioni ufficialmente nonufficiali che inviate per commenti agli stakeholders finivano inoltrate alle caselle di posta dei giornali che anticipavano regole non ancora emanate? Ve le ricordate le anticipazioni delle ordinanze dei Presidenti di Regione meridionali che scatenavano fughe verso casa e assalti a treni e autobus chi chi lavorava in Lombardia ma risiedeva a sud di Roma e non voleva rimanere in lockdown coatto aldilà del Po?

Ve le ricordate le scaramucce e i sondaggi sulle famigerate chat delle mamme per decidere se la scuola doveva essere in presenza o a distanza?

Ve li ricordate i proclami fatti il venerdì sera in televisione per annunciare che il lunedì successivo le mascherine sarebbero state vendute a 50 centesimi (senza specificare “più IVA”, ça va sans dire…) senza prima rifornire farmacie, parafarmacie e distributori e senza concordare l cosa con le associazioni di categoria?

Ed a chi pensa che quanto sopra fosse il risultato dei primi mesi convulsi in cui nulla si sapeva, ricordiamo la triste esibizione di medici di chiara fama prestatisi – non sappiamo quanto consapevoli del risultato finale – ad un tristissimo teatrino degno delle più grottesche puntate di “Dilettanti allo sbaraglio“.

I tempi cambiano, i dinosauri si estinguono

In emergenza servono direttive chiare ed immediatamente esecutive, un miraggio irraggiungibile per la comunicazione italica che si bea delle circonvoluzioni lessicali, si crogiola nei pleonasmi, si immortala nell’anacoluto e fa del superlativo assoluto l’obbiettivo a cui tendere.

In Italia non basta proibire, bisogna severamente vietare; non è sufficiente indicare una scadenza, bisogna specificare “entro e non oltre”; non è abbastanza assicurare, bisogna asseverare; a termine di un’opera si ribadisce che la stessa è collaudabile e pertanto si collauda.

Tuffatevi nel magico mondo delle perizie giurate, delle relazioni giuridiche, dei pareri professionali ed entrerete in un mondo che va dal grottesco al fantascientifico: giuramenti effettuati in piedi (chi si siede è spergiuro?), a capo scoperto (il toupet è ammesso? e con i Sikh come la mettiamo?), a voce alta (alta quanto? Devo urlare? E l’afono che fa?) innanzi a Dio (solo se credenti però, altrimenti si può evitare di scomodare l’autorità suprema).

Chiedete ad un traduttore legale delle sue peripezie lessicali, chiedetegli come traduce in inglese o in tedesco il trapassato remoto, il futuro anteriore, se riesce a rendere il roboante barocchismo di frasi del tipo “acciò consti firma posta a tergo della presente” e aprirete un vaso di Pandora.

Il meglio è nemico del bene

Quelle che sono diventate le barzellette sui carabinieri hanno ben più che un fondo di verità, procedure nate per semplificare la vita dell’utente la complicano ancora di più: la ricetta farmaceutica dematerializzata serviva per ridurre lo spreco di carta, ma il medico vi darà comunque quella stampata perché “una volta il sistema va in tilt, un altra volta è in aggiornamento, un altra volta chissà…”.

Fate online la prenotazione di una visita medica o di un analisi ma giunti all’ambulatorio noterete che il vecchio metodo dei foglietti col numerino scritto a mano è vivo e vegeto, a differenza del tabellone elettronico che giace spento e impolverato.

E questo se giocate in casa, Dio (o chi per lui…) vi dissuada dal tentare di servirvi in un altra regione, dove magari siete in vacanza o al lavoro; perché il servizio sanitario è nazionale ma è gestito dalle regioni e ciascuna ha un suo protocollo ed un suo sistema di gestione dei dati.

Fate il vaccino in Lombardia ma non date per scontato che la Puglia lo sappia, e se dovete fare il richiamo o vi serve il green pass la avventura può diventare kafkiana.

Sullo SPID poi, si potrebbero aprire capitoli infiniti; chi è riuscito a registrarsi senza problemi ed a non inventare periodicamente nuove password alzi la mano, ma prima vada a giocare al Super Enalotto perché – con la fortuna che si ritrova – farà sicuramente l’en plein.

E d’altronde, se Poste Italiane ha trovato tempo e risorse per realizzare un suo telegiornale, ma non ha pensato di unificare i suoi servizi in una unica app costringendo gli utenti a deliri di onnipotenza con profili uni e trini, non vorrete certo che banche, Comuni ed altri enti pubblici siano da meno.

O tempora, o mores

Da questi pochi (?) esempi si intuisce quanta strada abbia ancora da fare la comunicazione in Italia; non solo quella istituzionale ovviamente, stanti le clamorose debacle periodicamente registrate da pubblicitari, influencer e aziende; il problema è però che nella maggior parte dei casi alla comunicazione istituzionale si ricorre non per diletto ma per bisogno, ed in questi casi più che in altri bisogna letteralmente guidare l’utente verso la soluzione del suo problema, non costringerlo a giocare ad un rimpiattino (reale, virtuale o digitale che sia).

In un mondo perfetto lo psicologo non sarebbe il “medico dei matti” ma un professionista a cui si può accedere anche tramite il Servizio Sanitario Nazionale, nello stesso mondo perfetto ogni Comune, ogni Regione, ogni ente pubblico come ogni scuola dovrebbe avere un social media manager in grado di creare un ponte che faciliti contatto e comunicazione tra utenti e istituzioni.

In attesa di quel giorno, a noi non ci resta che provare a mettere a frutto anni di letture enigmistiche interpretando circolari, note di servizio, delibere e determinazioni elevando le nostre preghiere a Sant’Achilleo Kiwanuka.

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